Carissimi amici,
anche in questo 2020 a Betlemme non ho doni da portare di autenticamente miei. Quel poco di buono che ho ragranellato non è frutto dei miei meriti ma della Grazia che mi ha permesso di goderne. Se gli anni accumulati non mi permettono più di danzare davanti a quella culla, posso però canticchiare, come quando ero un bambino: “Tu scendi dalle stelle o Re del cielo e vieni in una grotta al freddo e al gelo”. Così Betlemme sparisce ed io lo vedo lasciare quella culla fredda e salire con sua Madre su un gommone. Non ci sono il bue e l’asino ma tanti altri bambini, altre mamme, altri papà. Il canto si trasforma in gemito perché anche io ho contribuito a farli lasciare Betlemme e salire su quel gommone. Provo a mettermi vicino a sua Madre che è anche mia madre e mi accorgo che non riesco più a dire: “Buon Natale”.
Ai gommoni si sono aggiunti i milioni di morti della pandemia che ci uccide e ci divide.
Mamma Maria mi fa una carezza, anche Lei si sente, certo in maniera molto diversa da me, una povera Mamma. Come non comprendere questo Suo amore che sale sui gommoni, che trabocca dagli ospedali di tutto il mondo, si trascina per le strade, violentato, deriso, continuamente crocifisso. E soffro perché penso a quando mi sentivo orgoglioso di cantare: “Cristo vince Cristo regna Cristo impera”. Non capivo allora che solo sulla Croce stava la sua vittoria.
Dammi Tu Vergine e Madre carissima il conforto di sentire come hai sentito e vissuto Tu lo splendore della Sua misericordia.
Partecipo a voi questo pensiero sulla povertà. La riflessione e la preghiera ci permettano di condividere la Natività, in ginocchio.
Ennio Staid o.p.