Il Coronavirus tra social e fede scienza e santi…

Beato Giovanni Liccio – Dipinto di F. Manno (1787)

Quando si alza al cielo lo sguardo e la preghiera, significa che l’uomo si rende conto che da solo, non ce la fa a risolvere i suoi problemi e che, quindi ricorre a Dio, e all’intercessione della Vergine Maria e dei santi, per dare senso e significato alla realtà che vive in quel momento.

Come vivere, affrontare e risolvere l’emergenza virus che stiamo vivendo? Da evento lontano a realtà tragica che incombe sulla nostra vita e ci costringe a restare a casa, ad avere paura, a cercare l’untore di turno…

Molti ci dicono che bisogna essere ed agire da auto-responsabili. Cioè nella condizione di determinare ogni nostra scelta secondo scienza e prudenza. Ed è bene farlo, per tentare di invertire la rotta, le statistiche, i contagi, i decessi… Ognuno faccia la sua parte, il suo dovere con serietà, impegno e perseveranza. Quello che è in nostro potere e, che dipende, solo da noi compiere va fatto e subito. Altrimenti è peccato di omissione.

Solo allora, saremo in condizione di elevare con cuore, mente e mani pulite a Dio la nostra lode e la nostra supplica verso un Padre che “non gode della morte del peccatore, ma vuole la sua conversione e la sua salvezza”.

Forse sarà utile rileggere, a tale proposito, una pagina della storia che lega, da sempre, la vita della nostra città con quella del beato Giovanni, nostro concittadino e protettore.

Il Coronavirus (Covid-19)

“Era l’anno 1575, nella nostra Sicilia imperversava il terribile flagello della peste che causava ovunque desolazione e morte.

Cessato il commercio, venuto meno il lavoro, alla peste subentrò la fame, e la gente gemeva per tali condizioni.

In tale calamitosa circostanza i caccamesi invocarono l’aiuto del loro Beato concittadino, recandosi a pregare tutte le ore, in gran numero, nella chiesa di S. Maria degli Angeli che giorno e notte stava aperta per poter accogliere i fedeli.

Mai, come allora, il popolo caccamese sentì vivo il desiderio di porsi sotto la protezione di Giovanni: moltissime famiglie, lasciate le case, venivano a dormire, la notte, nella chiesa del Beato, nella certezza che, stando, accanto a lui, sarebbero stati preservati dalla morte.

E Giovanni non fu sordo alle preghiere dei suoi concittadini e vegliò sempre per la loro salvezza intercedendo presso Dio; infatti, mentre negli altri paesi la peste faceva strage, in Caccamo pochissimi morirono a causa del terribile morbo.

Avvenne una notte che mentre un uomo dormiva presso il sepolcro marmoreo del Beato, sentì bruscamente di essere stato scosso. Credendo che si trattasse di un terremoto, incominciò a gridare. Accorse la gente come anche i frati domenicani del vicino convento e tutti poterono constatare che, mentre ogni cosa stava ferma, il solo sepolcro del Beato era in movimento. Compresero allora essere quello un avviso che l’epidemia era cessata; né s’ingannarono; poiché d’allora in poi cessarono i casi di peste a Caccamo, come altrove”.

Questi fatti sono registrati da tutti i biografi.

Qui finisce il racconto e la storia, se vorrete adesso inizia il nostro impegno.

 

padre Giovanni Calcara, o.p.

 

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